L’Istituto ospita da tre anni un progetto per Tirocinanti del 4° anno
della Scuola di Arteterapia del colore Stella Maris
Abbiamo parlato della Demenza con il Dr. Patrizio Paonessa, Responsabile Sanitario di questa rinomata e moderna struttura socio-sanitaria che dà ospitalità agli anziani che non possono o non vogliono rimanere in famiglia o nella propria casa.
Lo abbiamo incontrato per conoscere meglio l’Istituto Sant’ Anna, nel suo posizionamento nel Sistema sanitario nazionale, e per approfondire questo vero e proprio attentato alla qualità terminale della vita umana, la demenza, che stime di calcolo circa i costi socio-sanitari in Italia ipotizzano cifre complessive intorno ai 10-12 miliardi di Euro annui. L’Osservatorio sulle Demenze calcola dai 9 ai 16 mila euro annui per degente.
Stella Maris: «Dr. Paonessa, come si caratterizza l’Istituto in cui lei opera?».
Dr. Paonessa: «In considerazione della tipologia dei nostri Residenti puntiamo a dare il massimo della qualità attraverso una serie di servizi mirati mediante uno staff multidisciplinare formato da personale dell’assistenza di base, infermieri, medici, fisioterapisti, oltre a coordinatori, assistente sociale e al necessario supporto amministrativo, che aiutano in ogni momento gli anziani (ma al S. Anna è presente anche un Nucleo Disabili di giovane età) ai vari di non autosufficienza. Oltre a prestare assistenza sociale, sanitaria e migliorare il benessere psicofisico riteniamo tuttavia indispensabile offrire occasioni di relazioni sociali in un ambiente stimolante e confortevole. La presenza media dei Residenti dell’Istituto oscilla tra le 240 e le 250 unità».
Stella Maris: «Il nostro sistema sanitario pubblico – vuoi per la crisi, vuoi perché ideato in altri tempi e in situazioni socio-sanitarie estremamente diverse dalle attuali – sta riscontrando carenza di investimenti che negli Ospedali si riflettono nella contrazione dei posti letto, delle maestranze mediche, paramediche ecc. Come si è ripercossa questa situazione sull’Istituto S.Anna?».
Dr. Paonessa: «Abbiamo dovuto acquisire competenze e offrire servizi che a volte esulano dalla nostra tipologia socio-assistenziale originaria. Come effetto della situazione da lei delineata, soprattutto nei Famigliari dei nostri Residenti è invalsa l’idea che Istituti come il nostro debbano essere anche un’estensione dell’Ospedale, e questa sia formalmente che sostanzialmente è una forzatura. I Residenti dell’Istituto, portatori spesso di severe patologie legate al fisiologico declino e/o a quadri morbosi invalidanti (ictus, malattie degenerative, esiti traumatici), hanno molto spesso delle acuzie in atto che è possibile gestire solo al livello superiore, cioè quello ospedaliero poiché tantissime prestazioni necessarie e urgenti esulano dalle nostre competenze (mi riferisco soprattutto alla diagnostica strumentale e al laboratorio, oltre che della chirurgia o della medicina d’urgenza) e dalle autorizzazioni necessarie. Questa comprensibile mancanza di conoscenza nei Famigliari a volte crea involontariamente incomprensioni che superiamo con una maggiore conoscenza reciproca e soprattutto con l’“alleanza terapeutica” fra medico e paziente, che considero l’unica strada percorribile, in un contesto di scetticismo nelle istituzioni e negli enti erogatori di servizi, per il recupero della fiducia necessaria».
Stella Maris: «In Italia si calcola che sia affetto da demenza l’8% degli ultrasessantacinquenni (ca. 5 milioni su 60); e il 20% degli ultraottantenni. Che rilevanza ha il tema “demenza senile” all’interno del suo Istituto?».
Dr. Paonessa: «La definirei notevole. Dei 138 Residenti convenzionati provenienti dal circuito socio-sanitario del Distretto di Bologna, circa il 70% è affetto da forme diverse di demenza. Di questa percentuale, più della metà è affetto dalla forma più devastante per familiari e professionisti, quella associata ai Disturbi del comportamento (BPSD), che noi definiamo di tipo A, caratterizzato dalla progressione dei deficit cognitivi, dei disturbi del comportamento e del danno funzionale con perdita dell’autonomia e dell’autosufficienza, a vario grado di disabilità, e conseguente aumento della dipendenza dagli altri. In generale, circa il 50-60 % degli anziani fragili ospiti hanno o una grave forma di demenza, come quella appena citata, o patologie ad elevato impegno sanitario (lesioni cutanee gravi, necessità di riabilitazione dopo esiti fratturativi post-traumatici, regimi alimentari con nutrizioni esterne in accessi venosi centrali/sondino naso-gastrico/PEG etc)».
Stella Maris: «Quali sono le aspettative dei Famigliari nei confronti dei vostri servizi?».
Dr. Paonessa: «Altissime, giustamente. E cerchiamo di farvi fronte con il massimo impegno della nostra intera struttura. Tuttavia a volte, come dicevo, dai Famigliari ci vengono richieste anche pratiche ospedaliere che oltre a non essere nel nostro dna originario – che è specificamente socio- sanitario – ci sono precluse perché caratteristiche di un Ospedale. Ci troviamo addirittura, in talune circostanze, con obiettivi che divergono proprio per il forte impatto della categoria di Residenti di cui parlavo, quelli con disturbi del comportamento: mentre i Famigliari tendono a richiedere la sedazione farmacologica per le forme più gravi (aggressività con auto o etero-lesionismo, vocalizzazioni o urla, affaccendamento etc ), noi cerchiamo di ridurre al massimo questa opzione farmacologica che renderebbe queste persone forse più tranquille, a scapito però di una ulteriore perdita delle poche autonomie residue. La nostra coscienza, oltre alle nostre leggi, ci porta invece a mantenere desta il più a lungo possibile questa coscienza che va gradualmente spegnendosi».
La nostra coscienza, oltre alle nostre leggi, ci porta invece a mantenere desta il più a lungo possibile questa coscienza che va gradualmente spegnendosi
Stella Maris: «Un’attività di enormi responsabilità e non facile, dunque, quella di provvedere in tanti casi anche a tutto: dall’imboccare per i pasti al movimentare chi non è più in grado di muoversi. Immagino che sia molto faticoso e difficile scaricare lo stress accumulato. Come vive l’Istituto questa situazione di confine? Come ricaricate le pile?».
Dr. Paonessa: «Attraverso il raggiungimento di obiettivi, la formazione continua e il miglioramento della qualità del servizio. Siamo inoltre molto attenti al problema del burnout, che è ormai presente in tutte le professioni e che sembra essere piuttosto elevata tra operatori sanitari e altri professionisti delle istituzioni (scuola, ordine pubblico). Oltre agli interventi attraverso il nostro medico psicoterapeuta, la D.ssa Cinzia Fierro, stiamo anche portando avanti il progetto di un Osservatorio contro la Violenza. Progetto forse ambizioso ma necessario, che vuole cogliere all’origine questo fenomeno che passa attraverso fasi conosciute: dall’entusiasmo iniziale alla disillusione per poi giungere alla frustrazione e all’apatia. Vogliamo non solo coinvolgere e responsabilizzare tutte le figure professionali al nostro interno, ma anche sensibilizzare i Famigliari e i Caregiver al fenomeno. Prevenire e intercettare, laddove malauguratamente si dovesse verificare, il fenomeno “violenza” significa in concreto cercare di proteggere e tutelare i nostri Residenti, pur senza avere le possibilità di intervento e/o di strumenti caratteristici delle forze inquirenti. Cerchiamo allora di raggiungere lo scopo all’interno di una cultura della gentilezza che l’Istituto persegue convintamente anche attraverso l’adozione di un percorso formativo denominato “Educare alla felicità” svolto in ambito professionale, della durata di 1 anno, volto a trasmettere i valori etici. Cultura che vogliamo abbia solide fondamenta grazie all’impegno di tutte le figure professionali (medici, psicologo, assistente sociale, coordinatori, responsabili del personale) le quali, attraverso la loro competenza specifica, costruiscono una ‘rete’ di informazioni che, nel caso dell’Osservatorio, possa provare ad intercettare eventuali fenomeni. Oltre a dover essere capaci di orientare le attività, gli orari e il clima di lavoro interno, vogliamo anche favorire il dialogo aperto con i Famigliari e la rete dei servizi in una sempre più ampia collaborazione».
Stella Maris: «Nell’ambito delle attività sia ludiche che culturali, ma con un occhio aperto alla possibilità di utilizzare terapie non farmacologiche che puntino alla stimolazione cognitiva e al benessere psicofisico degli Ospiti è nata la collaborazione con le Tirocinanti al quarto anno della formazione in Arteterapia del colore secondo il Metodo Stella Maris. All’apertura dell’anno scolastico 2017-2018, per la seconda volta ospitato nella sala dell’Ordine dei Medici di Bologna, il suo intervento sull’Istituto e sul progetto Camelia in atto è stato particolarmente apprezzato dalla platea dei presenti. Che cosa può dirci in merito?».
Dr. Paonessa: «Il progetto Demenza nell’Arteterapia del colore è nato inizialmente con il diretto coinvolgimento della Direttrice della Scuola Stella Maris, Carla Borri. Poi abbiamo sperimentato positivamente l’introduzione di Tirocinanti della Scuola del quarto anno. Dopo il terzo anno di sperimentazione i riscontri sono soddisfacenti. I nostri Operatori hanno riscontrato nei Residenti coinvolti (dai 70 ai 95 anni), chi in maggiore chi in minore misura, un interessante risveglio delle facoltà cognitive, un placarsi dell’ansia e in alcuni un tornare ad affiorare vissuti, desiderio di socializzazione e, per noi molto importante, una ricaduta positiva nei soggetti con contenzione meccanica (sponde al letto, fasce addominali o inguinali in carrozzina, tavolino in carrozzina) in termini di riduzione del numero. Questo, che è il risultato congiunto delle attività di socializzazione svolte dalle animatrici, delle terapie non farmacologiche svolte dai fisioterapisti e dalle tirocinanti dell’arte-terapia, ci fa raggiungere un obiettivo di S-Contenzione che è alla base di un importante progetto svolto dal S. Anna con altre strutture e il patrocinio dell’Ausl, presentato anche ad Expo – Sanità. In definitiva, dall’esperienza fatta con le tirocinanti dell’Arteterapia ci sembra di poter sperare in ulteriori riscontri positivi con i nostri Residenti e i loro Famigliari, riguardo l’attenuazione del declino cognitivo in atto, nel rallentamento della progressione, nel recupero di reminiscenze; tutto ciò va naturalmente verificato nel prosieguo dell’esperienza iniziata in chi ancora è all’inizio del processo degenerativo o nelle sue forme più lievi. Certo non sappiamo ancora se e fino a che punto tutto ciò abbia anche la forza di rallentare il degrado cognitivo in progress, ma l’impatto iniziale sta sviluppando approcci sempre più adeguati e interessanti. Dal lato delle Tirocinanti, poi, sono assolutamente certo che sia un’esperienza intensamente formatrice della loro professionalità. Da tutti i punti di vista: rapporto personale, relazione con il paziente, capacità di suscitare attenzione e coinvolgimento, misurarsi con i limiti personali proprio per le caratteristiche specifiche dell’utenza ultraottantenne».
Dott. Andrea Di Furia
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