Arte che si fa terapia diviene Arte Medica. Questo è quanto emerso durante l’inaugurazione dell’anno scolastico 2018-2019 dell’Associazione Stella Maris a Bologna.
Grazie al contributo di medici e artisti dediti all’arte della pittura i percorsi Arteterapeutici Stella Maris hanno acquisito un metodo ben preciso grazie al lavoro incessante del Dott. Angelo Antonio Fierro, di Carla Borri e della pittrice Fiorenza de Angelis.
Scopri i compiti e gli obiettivi dell’Arte che si fa terapia e diviene Arte Medica: di seguito l’intervento del Dottor Angelo Antonio Fierro, responsabile medico – scientifico dell’Ente di Formazione Stella Maris, nel giorno dell’inaugurazione dell’anno scolastico 2018-2019 alla Scuola Stella Maris di Bologna.
Hai poco tempo? Puoi scaricare qui L’arte che si fa terapia e Arte Medica in pdf gratuito dell’intervento del Dott. Angelo Antonio Fierro e leggerlo con tua comodità.
Arte che si fa terapia e diviene Arte Medica: compiti, obiettivi ed esempi Il contributo dei medici assieme agli artisti che praticano quest’arte della pittura avviene per trovare percorsi arteterapeutici in quella che è un’esperienza attiva del rapporto con il colore e che si configura con il metodo Stella Maris. Metodo sviluppato negli anni insieme a Carla Borri e a molte immagini pittoriche della pittrice Fiorenza de Angelis.
Il nostro compito è portare tali pitture all’interno di un contesto scientifico artistico e restituire dignità, forza e valore all’esperienza soggettiva facendola diventare oggettiva. Tale esperienza soggettiva-oggettiva fa sì che l’Arteterapia supporti, con dignità, diverse condizioni di malattia.
Il primo obiettivo è entrare nell’elemento artistico per poi passare all’elemento arteterapeutico in quello che è un percorso di formazione quadriennale.
Sono percorsi individuali, che si fanno insieme, che seguono l’esperienza del colore e dove ognuno di noi attraversa sé stesso. Ci sono diverse fasi di crescita, di evoluzione e di crisi. La crisi è evolutiva perché indica il momento in cui si inizia a conoscere profondamente noi stessi e ci si confronta. Lo si può vedere da ciò che il colore ci rimanda indietro quando dipingiamo.
Il colore guida la mano di colui che, col pennello, fornisce la direzione al colore quando, invece, è il colore che poi prende strade diverse e che necessitano di essere sondate in una immersione progressiva. È una fase “subacquea”. Ci si immerge nell’acqua colorata per poi, man mano, emergere e portare a coscienza il senso e il valore del percorso intrapreso grazie a una determinata scansione di esercizi.
Per far sì che nel background storico dell’arte, intesa come terapia, si possa collocare il senso e il valore di tale percorso è importante richiamare alla vivificazione che avviene con l’artista quando si fa ispirare dai contenuti del sacro. Quando anche il medico o lo scienziato si fa vivificare dall’esperienza artistica si crea una liaison, un legame fra l’artista e il sacro. Si crea un legame fra l’artista e la scienza medica.
L’arte è un ponte affinché l’arte medica, oggi relegata in un ambito tecnologico, sia un’arte applicata alla materia per raggiungere scopi terapeutici. Abbiamo a che fare con una magnifica tecnologia nell’ambito medico ma sappiamo anche che questa tecnologia ha bisogno di uomini che la leggano, la conoscano e la muovano al fine di far emergere le forze e le risorse che sono in ognuno di noi ma che ancora dormono o attendono di essere svegliate. Questo balzare da un elemento medico a un elemento artistico è un poco la caratteristica che ci distingue e che vuole contraddistinguere quello che vogliamo portare avanti.
L’arte è un ponte affinché l’arte medica, oggi relegata in un ambito tecnologico, sia un’arte applicata alla materia per raggiungere scopi terapeutici.
Il tema di oggi è un tema che riguarda le radici dell’arte come terapia. Che l’Arte sia terapia è stato detto a inizio ‘900 da Rudolf Steiner e da altri esponenti dell’ambito artistico e psicologico.
La consapevolezza che l’arte sia terapia ha navigato in modo inconscio per secoli e secoli, da quando l’inserimento della coscienza all’interno dell’anima umana ha iniziato ad apparire in determinati quadri che hanno un denominatore comune: l’ispirazione dal sacro.
L’arte ispirata dal sacro:
alcuni esempi terapeutici
L’arte attinge le sue forze ispirative dall’elemento sacro.
Piero della Francesca, grande esponente del Rinascimento, morto nello stesso giorno della scoperta dell’America, ha segnato un’epoca perché proviene da un periodo storico in cui i soggetti religiosi ispiravano la pittura.
La sua Madonna del parto, ad esempio, è stata rinvenuta in un cimitero alla fine dell’800 e fu salvata da un terremoto. Oggi si trova a Monterchi e le è stato dedicato uno spazio apposito. Al di là della sua bellezza estetica, della composizione, della polarità dei due angeli e della figurazione pentagonale nella quale si esprime la forza della ferita archetipica che è il nascere alla terra, è un quadro considerato di buon auspicio per tutte le donne che vogliono portare a termine la gravidanza. Per questo è un quadro terapeutico.
Un altro esempio è La Resurrezione di Grünewald. Si trova a Colmar, vicino a Basilea. Fa parte di una serie di trittici contemplati da chi, all’inizio del Rinascimento, soffriva di determinate patologie e, in particolare, del morbo di Sant’Antonio. I malati andavano, guardavano e contemplavano queste raffigurazioni perché in essi vi era la forza evocativa della terapia dell’immagine pittorica, artistica. Era la contemplazione di questo elemento che suscitava le forze vitali di chi vi si accostava con la giusta devozione.
Ancora un altro esempio: La Madonna Sistina di Raffaello. Si trova a Dresda. In questo quadro si può apprezzare, sullo sfondo, la presenza di tante figure di esseri che si dovranno incarnare. L’archetipo della madre che porta il bambino ha uno sguardo capace di rimanere a lungo impresso negli osservatori.
Gli sguardi di Maria e del bambino sono sguardi forti, profondi, che parlano. Questo elemento può essere rievocato per creare una serie terapeutica contemplativa per chi soffre di problemi di cuore. Non si può svelare l’arcano in pochi minuti da questa successione di opere di Raffaello ma tuttora i medici antroposofi suggeriscono ai pazienti cardiopatici di contemplarle, la sera prima di coricarsi.
Nell’800 a seguito dell’impatto della corrente materialistica nella scienza e nella vita di tutti i giorni inizia ad apparire una visione diversa della realtà e della materia. Per Turner la fonte ispirativa ritorna ad essere la natura ma come creazione del Padre.
Il soggetto religioso viene abbandonato. Dell’esperienza del tramonto rimangono le tinte, le tonalità, l’essenza del colore. Tramite una nuova ricerca in maniera laica si esce dall’elemento del sacro per cercare ancora qualcosa di profondo, nascosto nell’esperienza terapeutica del colore, perché fare arte è già di per sé terapeutico.
Dopo Turner ricordo Rothko, di origine russa, del ‘900. Un artista che cerca nello spirito del profondo ciò che sta dietro la realtà del colore e che estrapola e sintetizza nella scelta del colore e negli abbinamenti la natura intima del colore stesso. In una cappella, da lui dipinta con tele color viola e nero, possiamo meditare sul passaggio di soglia.
È ripercorrendo l’Arte che il percorso formativo della Scuola Stella Maris sviluppa l’altro aspetto dell’arte in quanto terapia. Si tratta di un’esperienza attiva del colore attraverso l’immersione in una serie di esercizi che, nell’ultimo anno, vengono interiorizzati in un metodo che rende oggettivo il soggettivo. In tal senso, l’Arte si fa terapia e diviene Arte Medica.
L’Arte che si fa terapia e diviene Arte Medica, tema dell’intervento del Dottor Angelo Antonio Fierro, è disponibile anche in versione pdf.
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