Il percorso artistico e artistico–terapeutico che si persegue e si impara frequentando la Scuola del colore Stella Maris è un viaggio, attraverso la meraviglia, dal regno delle quantità a quello delle qualità e delle loro relazioni.
Un viaggio che si delinea nelle relazioni che vanno dalle quantità alle qualità si intreccia anche alla scienza medica. A muovere il tutto, la questione del Metodo arteterapeutico Stella Maris.
Può la Scienza medica interfacciarsi in modo costruttivo con l’Arte del colore?
Esiste una collaborazione efficace che alimenti il viaggio verso la ricerca di un ampliamento delle possibilità terapeutiche umane?
Scienza medica e metodo Stella Maris: viaggio nella ricerca del colore e dell’arteterapia
La metafora del viaggio va di moda nella scienza medica. Serve qualcosa che sappia superare la monotonia meccanicistica della visione quantitativo-materialistica corporea. In sostanza, il superamento di questa visione la si ricerca nella pratica chirurgica e in un farmaco che sintetizzi anche il dualismo oppositivo psicologistico tra anima e corpo.
L’obiettivo è approdare a uno scenario armonico e fondato più sulla qualità che sulla quantità in cui sia possibile far sì che la triade corpo, anima e spirito possano relazionarsi concretamente. Un po’ come fa l’Arte con la triade dei tre colori splendore – rosso, blu e giallo – e che costituiscono l’asse portante del rispecchiamento interiore sul foglio di pittura che il Metodo Stella Maris valorizza mediante la tecnica dell’acquerello.
Per afferrare meglio i rapporti accennati occorre un guardare e un pensare nuovo o ritrovato. Occorre uscire dal binario prestabilito dal pensiero della pubblica opinione o dal dogmatismo così come, in relazione alla scienza medica, lo spiega il responsabile medico – scientifico dr. Angelo Antonio Fierro e può essere verificato ascoltando anche direttamente il suo intervento in questo video:
Fa riflettere una frase incontrovertibile come “l’intero è più grande di ogni singola parte” e non si può negare il suo rovesciamento solo perché, all’inizio, ci appare inverosimile:
“la singola parte è più grande dell’intero”.
Per avvalorare la verità che si esprime in questa frase il Dottor Fierro porta ad esempio due organi, il fegato e il cuore. Noi preferiamo avvalerci del polmone.
Il polmone è un organo alto circa 25 cm e largo complessivamente, sommando le sue due basi destra e sinistra, intorno ai 18 cm e si sviluppa su una superficie di ca = 0,45 mq, quasi mezzo metro quadro. Paragonando l’intero polmone ad una sua parte come gli alveoli la prima frase è assolutamente vera e persino verificabile attraverso le quantità. E la seconda? Questa direbbe che gli alveoli sono più grandi dell’intero. In apparenza, questo non ci sembra vero e tuttavia, come dice Eraclito, “la Natura ama nascondersi” e tocca all’uomo procedere al suo svelamento.
Prendiamo in mano allora, metaforicamente parlando, un alveolo. L’alveolo è la parte terminale dei bronchioli polmonari, è piccolissimo. In metri questa è la sua misura 0,000250-0,000300. Sono però 750 milioni nel polmone e la superficie interna totale sviluppata dagli alveoli è pari a circa 200 mq. Ecco allora confermata anche la seconda frase.
Vuoi proseguire il piacere di ascoltare il dr. Fierro? Sappi che, in occasione della presentazione del libro l’Alveare di luce e calore nell’uomo, ha parlato da diversi punti di vista di come la Scienza debba riscoprire uno sguardo rivolto anche alla qualità e non solo alla quantità.
Andrea Di Furia
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